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L'Editoriale

di Silvio Lavalle

Silvio Lavalle è nato nel 1953 a Torino dove si è laureato in Lettere Moderne. Dopo alcuni anni di  insegnamento all’estero, rientrato a Torino ha lavorato ancora come insegnante, poi presso il Comune di Torino dove è stato educatore, responsabile dei Servizi Sociali e giornalista dell’Ufficio stampa. E iscritto all’albo dei giornalisti dal 2004 ed è professionista dal 2010.

 

 

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 Di api, pulcini ed ermellini

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René Dubos, con il suo “Pensa globalmente, agisci localmente” mi incoraggia a proporre qui notizie di scala, prossimità e complessità diverse, ma molto interconnesse.
Una cattiva notizia locale, riguarda la perdita di 4000 alveari in Piemonte, durante le inondazioni dell’ottobre scorso, soprattutto nel Cuneese e nel Verbano. Non meno di centomila api perdute che si vanno a sommare a quelle innumerevoli perse nel corso delle ultime disastrose annate segnate dalle morie per siccità e pesticidi.
A questo fondamentale insetto impollinatore dobbiamo l’84% delle specie vegetali e l’80% della produzione alimentare in Europa, oltre che una preziosa vigilanza sulla salubrità degli ambienti naturali, costantemente minacciata dall’uso dei pesticidi.  
L’Unione nazionale apicoltori italiani ha lanciato una raccolta fondi assieme ad Aspromiele, associazione piemontese che rappresenta il 74% del patrimonio apistico regionale.

 

Il tema della biodiverisità minacciata ci riporta alla dimensione globale, cioè all’Europa e ancora una volta alla PAC: la politica agricola comune.
Il ritorno ai finanziamenti più corposi all’agroindustria, cioè all’agricoltura e alla zootecnia di vasta scala per il periodo 2021 – 2027 votato dal parlamento europeo ad ottobre, aveva suscitato l’indignazione di tutti i movimenti ambientalisti italiani ed europei. La votazione di un emendamento finale che ribaltava il lavoro preparatorio svolto durante l’estate in sede di commissione risulta ancora più sconcertante alla luce di un’indagine svolta dal più inatteso degli ambientalisti: la Corte dei Conti europea.
SR 13/2020: Biodiversity on farmland: CAP contribution has not halted the decline (europa.eu) ]

 

Pubblicato alla fine di maggio, durante i lavori preparatori della Commissione, l’audit «Biodiversità nei terreni agricoli: il contributo della Pac non ne ha arrestato il declino”, certifica di fatto il fallimento della PAC nel perseguire l’obbiettivo di fermare la perdita di biodiversità nel settennio 2014-2020.
La Corte si basa nel suo giudizio sugli studi che collegano la perdita di biodiversità alla pratica di agricoltura e allevamento intensivi e formula contestazioni sull’utilizzo dei fondi europei (86 miliardi di euro pari all’8,1% del bilancio dell’UE, di cui 66 miliardi attraverso la PAC) destinati a questo obbiettivo, nonché raccomandazioni (che oggi sappiamo inascoltate) per il settennio 2021-2027.

La perdita di biodiversità, definita dal forum economico mondiale nel gennaio del 2020 come una delle cinque principali minacce globali, sottolinea la Corte,  è causata principalmente dall’intensificazione dell’agricoltura che «ha trasformato paesaggi un tempo diversificati, con tanti piccoli appezzamenti e habitat, in distese ininterrotte di campi gestiti con grandi macchinari, su cui opera solo una ridottissima forza lavoro. Ciò ha provocato un declino della quantità e della diversità della vegetazione naturale e, di conseguenza, della fauna». Abbiamo perso in 27 anni, ricorda la Corte,  il 75% degli insetti, il 39%  delle farfalle e il 34% delle  39 specie più comuni di uccelli.
“La Corte ha constatato inoltre uno scarso coordinamento tra le politiche e le strategie dell’UE che impedisce, tra l’altro, di contrastare il declino della diversità genetica. Infine, la Corte ha rilevato che le modalità con cui la Commissione tiene traccia della spesa della PAC per la biodiversità non sono affidabili”.... Perciò “La Corte raccomanda alla Commissione di: 1) migliorare il coordinamento e la concezione della strategia UE sulla biodiversità post-2020 e, a tal fine, monitorare con maggiore precisione le spese; 2) potenziare il contributo dei pagamenti diretti alla biodiversità nei terreni agricoli; 3) accrescere il contributo dello sviluppo rurale alla biodiversità nei terreni agricoli e 4) sviluppare indicatori affidabili per valutare l’impatto della PAC sulla biodiversità nei terreni agricoli”.

 

Altre contestazioni riguardano l’inefficacia dei pagamenti diretti (70% della spesa che si riversano positivamente in termini di politiche di rigenerazione dei suoli e degli habitat sul solo 5% dei terreni), o la trasformazione dell’obbligo di riposo dei terreni in semplice rotazione della colture, inefficace ai fini della salvaguardia della biodiversità.
Infine un affondo sulla nostra alimentazione: «La crescente uniformità dei sistemi di produzione alimentare e la nostra alimentazione poco varia hanno contribuito non solo al declino della biodiversità ma anche ad altre conseguenze spiacevoli. Minori risorse genetiche significano minore resilienza naturale di fronte a organismi nocivi, malattie e gravi cambiamenti ambientali».
Questo consesso di magistrati esperti in contabilità pubblica e non certo in politiche ambientali, con il suo lavoro dimostra ancora una volta che ciò che è mancato al Parlamento europeo, ben altrimenti attrezzato,  è l'autonomia, cioè la capacità di arginare le pressioni dell’agroindustria…con buona Pac.

 

Una notizia di scala nazionale e di segno positivo, per concludere, è l’impegno assunto da Coop e, in questi giorni da Assoavi, associazione di categoria dei maggiori produttori di uova in Italia, ad introdurre nelle filiere produttive le tecnologie già utilizzate in Germania di “ovo sexing”. Si tratta della possibilità di definire il sesso dell’embrione nei primissimi giorni di vita senza attendere la nascita del pulcino. Questo significherebbe la fine della barbarie che vede l’uccisione ogni anno in Italia di 25 milioni di pulcini maschi (più di 8 miliardi nel mondo). La loro morte, decretata dai produttori che sono interessati solo alla produzione di galline ovaiole, è ottenuta con modalità atroci: i pulcini, con un giorno o due di vita vengono gasati con biossido di carbonio o gettati vivi in una macchina trituratrice. Negli USA, forse per amor di tradizione, vengono uccisi con scariche elettriche.

 

 Dörte Röhl, veterinaria di Animal Welfare Specialist per Animal Equality, che ha lavorato agli accordi con Coop e Assoavi, calcola in uno studio  dedicato al tema della soppressione dei pulcini e delle alternative ad essa, [ https://animalequality.it/app/uploads/2020/07/In-OvoSexing-AlternativeToMaleChickenKillingReport_IT-1.pdf  ]  che le uova non mandate in incubatrice e recuperate con tecniche non invasive di ovo sexing, potrebbero essere messe in vendita senza restrizioni, per un totale di circa otto miliardi di uova aggiuntive disponibili per il consumo umano e per la produzione di mangimi per animali e di vaccini. In questo modo si potrebbe potenzialmente prevenire l'impiego di 29 milioni di galline nell'industria dell'allevamento ogni anno. Credo che a fronte della triturazione anche i fautori, come noi, del superamento degli allevamenti industriali siano d’accordo. Gandhi amava dire:” Un passo alla volta mi basta”.

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